Stefano Borgonovo avrebbe compiuto ieri 59 anni e invece il prossimo 27 giugno saranno già trascorsi 10 anni dalla sua scomparsa. Chi lo ha amato sui campi di calcio non può certamente dimenticarlo, così come sua moglie Chantal, che gli è stata al fianco anche negli anni della malattia, in cui lui non si è mai arreso nonostante sapesse quanto la SLA sia degenerativa e che le sue condizioni sarebbero poi gradualmente peggiorate.
La donna si è sempre rivelata un sostegno fondamentale per l’ex calciatore, così come i suoi figli, ma il tempo che passa non ha scalfito la voglia di approfondire quello che è successo. Ora lei si sta convincendo che il suo lavoro possa avere influito nella comparsa di una malattia che ancora non ha cure.
Chantal Borgonovo: il calcio è responsabile della morte di Stefano?
“Sono convinta che se Stefano non avesse fatto il calciatore non si sarebbe ammalato o magari questo sarebbe successo in età avanzata. Invece è morto giovane perché ha giocato a calcio – sono le parole della donna in un’intervista a ‘Il Giorno’ -. Sono anni che attendo delle risposte. Ai tempi in cui Stefano giocava tutto ciò che riguardava la gestione sanitaria era affidata al medico sociale di cui Stefano aveva fiducia. Io so che mio marito non ha mai preso volontariamente farmaci strani, assumeva qualcosa solo sotto il controllo dello staff sanitario se prescritto”.
“Sono anni che attendo delle risposte” – è il suo grido di dolore, desiderosa di sapere se davvero quello che è accaduto si sarebbe potuto evitare.
Ora che se ne sono andati anche Sinisa Mihajlovic e Gianluca Vialli, che erano della sua stessa generazione, lei non può che farsi ancora più domande. “Una cosa è sicura: erano della stessa generazione di Stefano o di quella successiva, quindi si conoscevano avendo fatto lo stesso lavoro. Quello è un ambiente molto ristretto. Certamente hanno riaperto una questione che però vedo si è richiusa altrettanto rapidamente. Di sicuro vedo che dà fastidio parlarne, non so se dipenda più da interessi economici o da altro. Ma è giusto ricordare che tutte le indagini su queste malattie sono state fatte da ricercatori non del mondo del calcio”, dice ancora la moglie di Stefano.
La donna non risce a spiegare perché siano in pochi a voler comprendere se ci siano cause che possano avere scatenato una malattia così grave: “Dovrebbe essere un dovere sociale capire e rassicurare, invece non interessa”.