Da pochi giorni l’Italia di calcio femminile ha un nuovo ct, Andrea Soncin, che succede a Milena Bertolini, arrivata a concludere la sua esperienza in panchina dopo la delusione al Mondiale, dove le azzurre non sono riuscite ad andare oltre alla fase a gironi. La scelta ha sorpreso un po’ tutti, soprattutto perché il nome scelto non può vantare, almeno per ora un’esperienza ad alti livelli, anche se spesso questi pronostici vengono poi smentiti dai fatti.
La responsabilità che lo attende non è quindi indifferente, specialmente perché ci si augurava che le donne potessero fare meglio degli uomini, ormai da tempo non più competitivi. A criticare duramente la decisione della FIGC è proprio chi l’ha preceduto, che non ha parole particolarmente morbide.
Allenare una Nazionale non è mai semplice, soprattutto perché il tempo a disposizione per lavorare è davvero poco e si devono ottimizzare il più possibile questi momenti. Nonostante si professi in più occasioni l’uguaglianza, c’è chi ancora continua a pensare che una formazione femminile debba essere guidata solo da una donna, questa volta però la FIGC ha deciso di fare un’inversione di tendenza e di sostituire Milena Bertolini con Andrea Soncin.
Una scelta che non convince molti, a maggior ragione chi l’ha preceduto, che non esita a esprimersi con parole tutt’altro che diplomatiche, anzi lei vuole approfittare dell’occasione per prendersi i meriti di quanto fatto in sei anni in panchina, culminati con i quarti di finale ai Mondiali del 2019: “La forza di quel Mondiale era stata una squadra di donne, con un ct donna, capace di fare gruppo – ha detto in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ -. Questo era stato il grande cambiamento culturale per l’Italia, un Paese dove oggi le donne negli staff della Serie A sono forse il 10%. Siamo considerate immagine, le quote rosa diventano necessarie. Ma così andiamo indietro, torniamo al patriarcato”.
Pensare di poter ottenere risultati in tempi brevi per le azzurre sembra essere però difficile secondo Bertolini: “Auguro il meglio a Soncin, ma sento dire che questo è l’anno zero. E allora chi è stato qui dal 2019 in poi che cosa ha fatto? Certo oggi c’è il professionismo, importantissimo – ha detto ancora l’ex ct – . Ma la progettualità è un’altra cosa. Biosgna distribuire le risorse alla base, lavorare sul territorio, far crescere le tesserate, incentivare la premialità e fare il settore bambine. E la promozione della Nazionale? Noi abbiamo giocato partite in casa in cui avevamo più tifosi avversari. In Italia manca un progetto che ti faccia pensare che il calcio femminile sia qualcosa di importante a livello culturale. Un problema di testa”.
Non è mancata una sua osservazione sulla lettera che le calciatrici che erano state convocate da Bertolini ai Mondiali le avevano rivolto, arrivando a mettere in evidenza alcune sue lacune nella gestione del gruppo.
“Finita la partita con il Sudafrica sono andata a consolare le giovani, mentre le altre mi scansavano. C’era troppa rabbia in spogliatoio per fare discorsi. Non è vero che mi sono chiusa in camera, ma è vero che loro si sono riunite e hanno scritto quel comunicato. Il volo di ritorno è stato allucinante. C’è chi non ha più avuto il coraggio di guardarmi in faccia né di salutarmi. La lettera è stata un’autorete pazzesca per tutto il movimento. Non è facile vedere le giovani che ti passano davanti ma, se sei una professionista, devi riuscire ad accettarlo, a prescindere se la ct ti sta antipatica. La forza di un gruppo è il collettivo, non il singolo. Sentirsi offese non aiuta, e alla fine siamo andate a lezione di umiltà dal Sudafrica” – ha concluso.
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