La carriera di Federica Pellegrini si è ormai conclusa con un palmares da sogno, ma questo non ha contribuito a ridurre l’attenzione degli appassionati e degli addetti ai lavori nei suoi confronti. A dimostrarlo anche il riscontro che sta ottenendo ora che stanno andando in onda le puntate di “Pechino Express”, dove lei è tra i protagonisti al fianco del marito Matteo Giunta e dove sta confermando, se mai qualcuno avesse avuto dubbi a riguardo, la sua grinta e la capacità di non mollare mai.
Ora la “Divina” ha deciso di aprire il suo cuore e di raccontare alcuni lati meno noti di sé attraverso la sua autobiografia, in uscita dal 16 maggio. E il titolo non sembra essere stato scelto a caso: “Oro”.
“Quando vedo il tabellone prendo a schiaffi l’acqua della piscina: sì, stavolta ce l’ho fatta! Incrocio lo sguardo di Alberto e scoppiamo a piangere come due scemi. Oro e nuovo record del mondo, 1’54″82” – così scrive Federica Pellegrini nel libro ricordando uno dei suoi record più importanti, condiviso con il suo ex allenatore.
La “Divina” ha iniziato la sua carriera quando era ancora giovanissima, cercando anche di conciliare gli studi, cosa tutt’altro che semplice. Questo, inevitabilmente, l’ha costretta a dover sopportare tanti sacrifici, che fortunatamente sono poi stati ricompensati con i risultati: “All’inizio, quando ero solo una ragazzina, mi sentivo un vuoto dentro che riempivo con le vittorie, ma dopo un pò non era più quello – ha scritto ancora nel libro -. Da un certo punto in poi l’ho fatto solo per me stessa. Mi chiedevano a chi volessi dedicare le mie vittorie. Le più difficili, quelle che arrivavano dopo periodi duri, quelle delle rinascite le ho dedicate tutte a me stessa. Perché io ero l’unica a sapere che sacrifici avessi fatto per ottenere quei risultati. Io ero il lupo. Cosa ne sapevano gli altri, chi aveva vissuto anche solo la metà di quello che avevo vissuto io? Questo fa di me una stronza?”.
Solo ora però l’ex nuotatrice ha il coraggio di uscire allo scoperto e di raccontare la difficile battaglia con il suo fisico che ha dovuto affrontare: “Le gare non sono mai state una passeggiata per me, ma quella lotta all’ultimo respiro io la cercavo. Se capivo di dover entrare in acqua e combattere alla morte, l’adrenalina mi scorreva ed ero felice. La condizione ideale per gareggiare era sentirmi un animale braccato. La sera prima di una gara quasi non mangiavo. Era la tensione, certo, ma anche un modo di prepararsi all’assalto, come il lupo che prima di andare a caccia per affrontare la lotta digiuna, dimagrisce. La fame o l’inappetenza non erano solo forme nervose, ma manifestazioni di un atavico istinto al combattimento” – ha concluso.
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